venerdì 24 aprile 2009

Libro e censura nella prima età moderna

di Watchman

La censura è un filo rosso di silenzio che lega tutte le epoche storiche.
È un fenomeno che esiste da sempre e si manifesta dovunque ci siano ideologie e precetti da veicolare, sostenere o reprimere.
Certo è che il filo della censura diviene improvvisamente più consistente, e quindi più evidente, parallelamente all’invenzione della stampa e al suo sviluppo.
Ad onor del vero va però ricordato che l’arrivo di questa novità, la stampa, non fu sempre visto di cattivo occhio, anzi in un primo momento fu accolto con entusiasmo.
Gli stati ne intuivano il potenziale come nuovo mezzo di controllo sociale mentre la Chiesa vi vedeva un nuovo potente canale per diffondere e radicare i precetti contenuti nelle opere teologiche e devozionali.
Ugo Rozzo ci ricorda che “il libro a stampa nasce religioso” e che fu proprio con questo argomento che le tipografie decisero di esordire anche perché più facilmente spendibile sul mercato dell’epoca. Quando si parla di “rivoluzione” del libro a stampa non si esagera di certo; basti pensare che nel 1450 in Europa erano disponibili circa duecento\trecentomila codici amanuensi mentre nel 1500 la diffusione dei libri a stampa è stimata dicei\venti milioni di volumi. Di questa enorme produzione circa il 45% dei libri (del ‘400) erano testi religiosi di cui 1/6 opere devozionali, 1/4 raccolte di sermoni e 1/10 Bibbie e commenti. L’Italia stampa il 50% dei libri religiosi d’Europa di cui il 20%ca in volgare ( la Bibbia viene diffusa in “italiano” molto prima che nelle altre lingue vernacolari. Il primo esemplare è del 1471 ad opera di un monaco camaldolese. ). Il maggior fenomeno editoriale dell’epoca è certamente quello delle raccolte di prediche di Gerolamo Savonarola che sfrutta appieno le potenzialità del nuovo mezzo di comunicazione per attaccare la corruzione della Chiesa. E se tuttavia questo non produce effetti immediati (gli interventi furono tardivi e inefficaci), mette per la prima volta in evidenza di fronte agli occhi della Chiesa come la stampa in piena libertà potesse costituire un pericolo. Una Chiesa che poi, di fronte al riproporsi e moltiplicarsi delle dottrine ereticali, si trova costretta a prendere provvedimenti più seri: Nel 1487 Innocenzo VIII° dirama una bolla che impone la censura preventiva, obbliga i vescovi (nelle diocesi) e il Maestro del Sacro Palazzo (a Roma) al vaglio e all’approvazione dei testi prima della loro libera pubblicazione. Nel 1515 Leone X° con un’altra bolla, rende tale misura ancor più restrittiva delegando l’imprimato ad un accordo tra vescovo e inquisitore locale. Tuttavia ad ostacolare prese di posizioni ancora più forti c’erano ancora due motivi molto rilevanti:

1) mancava una definizione ufficiale delle dottrine controverse (solo dal 1545, con l’apertura dei lavori del Concilio di Trento, si comincia a definire con chiarezza la dottrina “ortodossa” della Chiesa).

2) c’era ancora un gruppo consistente di cardinali favorevoli alla riconciliazione con i protestanti (che quindi invece di condannare esplicitamente cercavano di prendere tempo).

È nel 1549 che comincia a prendere corpo il progetto del 1° Indice Universale Romano, fortemente voluto dal nuovo Papa Paolo IV° Carafa da sempre ostile ad una eventuale riconciliazione con i protestanti e fervente sostenitore del dicastero della Santa Inquisizione, che vedrà la luce nel 1558. Paolo IV° coglie l’occasione per allargare il campo d’azione degli inquisitori (per sua volontà nel 1542 nasce la Congregazione del Santo Ufficio) che, nella loro lotta contro gli eretici e contro i libri che veicolavano le loro idee, tra il 1542 e il1543 ottengono l’estromissione del vescovo dall’imprimato e la piena responsabilità di quelle scelte. Tuttavia il primo indice si arenò di fronte a due problemi difficilmente affrontabili:

1) l’estremismo delle norme imposte dagli inquisitori rendeva l’indice difficilmente applicabile (oltre alla serie di libri proibiti infatti, prevedeva la scomunica per chiunque fosse trovato in possesso di uno dei suddetti libri).

2) L’estromissione dei vescovi dai lavori rendeva assai più difficile la distribuzione sul territorio delle nuove norme, soprattutto per gli inquisitori che erano poco numerosi e non equamente distribuiti sulla penisola.

Tutto cambiò con l’imprevisto decesso di Paolo IV° circa nove mesi dopo; il suo successore, Pio IV°, bloccò l’indice e affidò al Concilio di Trento l’onere di stilarne uno nuovo. Questo nuovo indice fu completato nel 1564 e presentava delle importanti novità:
1) Attribuiva ai vescovi una funzione di primo piano in tutta la gestione della censura.

2) Presentava una maggiore moderazione nei divieti concedendo l’assoluzione a chi leggeva libri proibiti non ereticali.

3) Inseriva nell’indice i libri che trattavano di “argomenti lascivi o osceni”, di astrologia e di magia o superstizione.

Con la morte di Pio IV° e l’elezione al soglio pontificio di Antonio Michele Ghislieri (Pio V°) la Chiesa torna ad attestarsi su posizioni di maggiore intransigenza, recuperando le dispozioni dell’indice del 1558 che tuttavia furono applicate a fatica per l’influenza che l’ancora non disciolto Concilio tridentino esercitava.
Tuttavia con la chiusura dei lavori e lo scemare del potere del Concilio i divieti presenti nel primo indice vengono di fatto reimposti.
Nel 1571, il Papa, costituisce una commissione di cardinali per rivedere il catalogo in vigore dei libri proibiti e nel 1572 il suo successore trasforma tale commissione in una “Congregazione per l’indice dei libri proibiti” che prevedeva norme ancor più restrittive.
Tra il 1572 e il 1596 il controllo sul territorio è affidato agli inquisitori e per la diocesi romana al Maestro del Sacro Palazzo che producono tantissime nuove liste di libri che sono però molto confuse e spesso in contraddizione tra loro.
L’alternarsi al soglio pontificio di ex inquisitori e non, produce nella compilazione delle nuove liste una linea altalenante tra la moderazione (dei vescovi se il Papa non era un ex inquisitore) e la totale chiusura (degli inquisitori se il Papa era stato uno di loro). Per questo il terzo Indice promulgato nel 1596 finisce con l’essere molto poco chiaro e col riflettere una scarsa corrispondenza tra le norme volute dalla sede centrale e la loro effettiva applicazione a carico delle autorità ecclesiastiche periferiche. Possiamo azzardare quindi che l’indice del 1596 sia di fatto il prodotto della crisi di rapporti tra vescovi e inquisitori nell’atto normativo riguardante la censura da applicare ai testi in circolazione; crisi di rapporti che opponeva alla dura repressione inquisitoriale, che invocava la distruzione dei volumi religiosi non in latino e il divieto di lettura dei testi ebraici, all’atteggiamento più aperto e in un certo senso più diocesano dei vescovi. Volendo mettere da parte lo specifico discorso sull’indice e sui suoi sviluppi possiamo comunque ritenere evidente il principio che sta alla base della sua promulgazione, indipendentemente dagli organi ad esso preposti e dalla loro particolare modo di intenderlo: “allontanare i fedeli dal testo sacro in ogni sua forma integrale o parziale”. Questo bisogno di costruire un nuovo strumento per rendere più forte la censura fu reso necessario dall’accendersi e diramarsi dei nuovi focolai dell’eresia e dalla capacità degli uomini promotori di quelle idee inaccettabili per la chiesa di comprendere l’immenso potenziale di quel nuovo mezzo di comunicazione, quale era la stampa, capace di diffondere e radicare in maniera così rapida ed estesa i loro messaggi rivoluzionari. Fu la modernità di quegli uomini e di molti tra gli aderenti a quei nuovi sistemi di valori a costringere la Chiesa nella paura e ad obbligarla ad assumere un atteggiamento intransigente nei confronti di un po’ tutte le opere a stampa. Il che fu reso evidente dal fatto che di fronte alla fatica con la quale le idee ereticali venivano bloccate si iniziò a temere la loro trasmissione anche per canali diversi dai libri propriamente di argomento religioso. Per questo la censura e la conseguente repressione investirono anche i testi letterari (Il “Decameron” di Bocaccio; Il “cortigiano” di Castiglione) e quelli che erano diventati i manuali professionali. Entrambi quei volumi appartenenti a queste categorie di libri furono nella maggior parte dei casi espurgati dai “contenuti proibiti” (che non erano soltanto dogmi eretici, ma anche: l’irrisione delle gerarchie ecclesiastiche, riferimenti al fato o comunque tendenti a cancellare il libero arbitrio e la divinizzazione della donna) e spesso addirittura ritirati o non consentiti alla pubblicazione con escamotage quali il rientro in categorie come “libri dal contenuto licenzioso o osceno” e “libri che arrecano offesa alle pie orecchie del lettore”.
Va ricordato per concludere che poiché il potere della Chiesa di Roma si estendeva di fatto alla sola penisola italica ed anzi a parte di essa (va escluso il Regno), l’atteggiamento intransigente delle censura e il conseguente blocco della maggior parte degli scritti nella lingua vernacolare costrinse l’Italia ad una regressione sul piano letterario e su quello della diffusione della lingua. Blocco che avrebbe portato, come estrema conseguenza, al lungo ritardo nello sviluppo di un visione unitaria del territorio e di una identità nazionale che invece gli altri stati europei avevano da tempo scoperto.

mercoledì 22 aprile 2009

Il progetto Shackleton nasce per colmare un vuoto che ci sembrava ormai diventato insopportabile:

sentivamo la mancanza di un luogo di cultura in cui portare avanti libere discussioni intorno a temi storici, letterari e culturali in genere

con l'obiettivo di un confronto costruttivo, fondato su elementi concreti corenti e consapevoli
e al tempo stesso libero, concepito come una comunità di ricerca partecipata e aperta agli interventi di tutti

perchè se c'è qualcosa che ci hanno insegnato Sir. Ernest Henry Shackleton e la storia epica della spedizione Endurance del 1914 è che:

la grandezza di un uomo non si giudica dai suoi successi ma dalla forza con cui insegue i suoi sogni
e dal rispetto che porta a coloro che li condividono con lui

E allora noi siamo qui a inseguire ostinatamente i nostri sogni
e siamo pronti, nel massimo rispetto, a condividerli con voi.

SHACKLTON E' REALIZZATO DA:


Watchman